Parco solare alpino Duragno: una nuova alba

30.08.2024 PerspectivE
Il progetto di parco solare alpino Duragno ha già superato i primi importanti scogli, ottenendo l’approvazione politica del Comune e quella del Patriziato proprietario del terreno. Inoltre, associazioni ambientaliste che hanno osteggiato altri progetti simili non si sono opposte. Quali sono i fattori e come si è arrivati fino a questo punto?
Autore ospite
Alessio Mina
Capoprogetto
Autore ospite
Rocco Cattaneo
Promotore del progetto
Disclaimer
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È una silenziosa mattina di un tiepido novembre. Il villaggio ticinese di Bironico e la valle del Vedeggio sono ancora immerse nella notte. Più in alto, a 1'800 m di quota, sulla cima della Manèra, invece, l’alba è già sorta e la luce del sole illumina il pendio. In questo preciso momento nasce l’idea di realizzare un parco solare alpino. Una montagna, il sole e qualcuno con abbastanza entusiasmo per lanciarsi in un nuovo progetto. Basta poco, no?

Forse non è così semplice. Come la strada che da Bironico sale sulla montagna, la via verso la realizzazione dell’idea è tortuosa.

Nuova energia alpina

Il progetto di parco solare alpino Duragno si situa nel contesto del Solarexpress per accelerare la produzione di energie rinnovabili, soprattutto durante i mesi invernali. La Confederazione vuole così garantire l’approvvigionamento di energia elettrica anche nei mesi più critici, ridurre la dipendenza energetica dall’estero e al tempo stesso raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nel 2050 approvato dal popolo nell’ambito della legge sul clima e l’innovazione. La modifica della legge sull’energia definisce tre condizioni da rispettare per i grandi impianti fotovoltaici per rientrare nel Solarexpress: produzione di almeno 10 GWh di energia all’anno, produzione invernale di almeno 500 kWh di energia per ogni kW di potenza installata e allacciamento alla rete di almeno il 10% della potenza prevista entro la fine del 2025.

In Svizzera ci sono attualmente 14 progetti che hanno pubblicato la richiesta di costruzione, di cui quattro sono già stati approvati dalle rispettive autorità cantonali. Il parco solare alpino Duragno è l’unico progetto in Ticino. Perché alla Svizzera servono i grandi impianti fotovoltaici? La transizione energetica è una necessità comprovata per limitare il cambiamento climatico e le conseguenze sul nostro ecosistema. Essa rappresenta una delle principali sfide del nostro tempo. La riduzione delle emissioni a effetto serra passa dalla riduzione della dipendenza da energia fossile. L’energia fossile è oggi la maggior fonte energetica. Grazie all’impiego di nuove tecnologie per la produzione di calore e all’elettrificazione del trasporto, la Svizzera può ridurre la sua dipendenza dalle fonti energetiche fossili e ridurre le emissioni a effetto serra. Questo obiettivo, unito al divieto di costruire nuove centrali nucleari, richiede di agire rapidamente su diversi fronti, tra cui quello per aumentare la produzione di energia rinnovabile.  Siccome l’idroelettrico è già ben sfruttato, il maggiore potenziale per l’aumento di rinnovabili è rappresentato dall’energia fotovoltaica.

Un impianto solare alpino ha più irraggiamento di uno sul fondovalle.

Il parco solare alpino Duragno produrrà una media di 44 MWh di elettricità al giorno. Come favorisce questo la transizione energetica? In primo luogo, l’energia prodotta sarà quattro volte più pulita del mix energetico consumato oggi, il quale è comunque buono nel confronto internazionale. Per ogni giorno di esercizio, l’impianto permetterà di evitare 4.2 tonnellate di CO2 equivalenti. Ciò corrisponde a quanto inquinano dieci camion a quattro assi che viaggiano da Bellinzona a Francoforte. Il beneficio principale, però, è che questa energia potrà essere usata in sostituzione di prodotti fossili e permettere la transizione. Qualche esempio: con l’energia prodotta in un giorno un’auto elettrica può fare 7.8 volte il giro del mondo, un bus elettrico può servire una città ticinese per otto mesi oppure otto case possono essere scaldate con la termopompa per un anno. Il fatto di realizzare il fotovoltaico sulla montagna affronta proprio questo problema. La resa di un pannello solare alpino nel periodo invernale è infatti circa quattro volte maggiore rispetto a un pannello sul fondovalle e il doppio sull’arco dell’intero anno.

Infine, la produzione nei mesi invernali rafforza la sicurezza di approvvigionamento energetica del Paese. Più energia indigena riduce la dipendenza dall’estero ed ha quindi una valenza strategica per la Svizzera. Lo stesso approccio si è osservato quando la Svizzera è stata tra i primi paesi ad elettrificare la ferrovia per ridurre la dipendenza dai paesi produttori di carbone, memore della scarsità durante la Prima guerra mondiale. Anche oggi viviamo un contesto in cui l’indipendenza dai paesi produttori di petrolio o di gas è molto preziosa.

Render parco solare, vista dalla valle Duragno

Il parco solare alpino Duragno

Gli obiettivi sono quindi ampiamente condivisi dalla popolazione, la concretizzazione richiede però di affrontare tanti ostacoli. Il primo passo è la progettazione. La posizione individuata per la realizzazione del parco solare in cima alla valle Duragno è particolarmente favorevole per diversi motivi: il pendio è rivolto a sud e ha tante ore di sole su tutto l’anno e non è coperto da montagne più alte a sud, la superficie è nascosta da altre montagne e quindi non visibile dal fondovalle, la montagna è già antropizzata e potrà approfittare dell’infrastruttura esistente riducendo l’impatto sul territorio.

Il parco solare non andrà a stabilirsi in una terra selvaggia ma avrà un vicino di casa che risiede sulla montagna già da una cinquantina di anni. Il parco sorgerà infatti accanto a un edificio con antenna costruito da Swisscom, il quale è collegato al fondovalle da una strada e da una linea elettrica. L’energia solare prodotta sarà quindi trasformata in media tensione e trasportata a valle lungo la linea esistente. Questa è sufficiente per trasportare il 10% della potenza, come richiesto dal Solarexpress, ma dovrà essere rafforzata per poter evacuare l’energia quando il parco sarà a pieno regime. L’energia scorrerà quindi fino a Rivera e da lì entrerà nella rete di distribuzione AIL, la quale potenzierà il collegamento fino alla vicina sottostazione sul Monte Ceneri.

Il parco solare peserà circa 4'000 tonnellate, di cui solo il 14% è dovuto ai moduli. Il materiale, inclusi i quattro pesanti trasformatori, verrà trasportato da una teleferica di cantiere provvisoria. La strada esistente permetterà invece l’accesso del personale e dei veicoli di cantiere. È così possibile evitare i voli in elicottero e ridurre l’impatto della logistica di cantiere.

Il progetto in cifre
 

  • Potenza: 10 MWp
  • Energia: 16 GWh di energia prodotta all’anno, corrispondente a 4'000 economie domestiche. Produzione invernale di circa 800 kWh/kWp
  • Numero moduli: 15'840 installati su 1'320 vele
  • Superficie: 8 ettari di superficie occupata di cui 1.5 coperta
  • Costi realizzo: 46 Mio CHF
  • Committente: consorzio composto da AIL, EBL e altri investitori privati ticinesi
  • Stato attuale: pubblicazione terminata, in attesa della decisione del Cantone e di ESTI

Inserimento paesaggistico e ambientale

Parallelamente alla definizione degli aspetti tecnici, il parco deve seguire un iter politico, perché necessita dell’approvazione del Comune e del proprietario del terreno, che in questo caso è il Patriziato. Oltre alle istituzioni, tanti altri attori guardano, chi con interesse e chi con scetticismo, al parco solare. La lente e l’occhio critico sia delle associazioni ambientaliste che della politica hanno quindi scandagliato il progetto. L’attenzione era soprattutto rivolta all’impatto su natura e paesaggio.

Consci che la produzione di energia rinnovabile non deve andare a scapito degli altri obiettivi della politica ambientale, il progetto è stato concepito fin dall’inizio con particolare attenzione a questi aspetti. Ovviamente non si può negare che un progetto del genere abbia un impatto sul territorio. Il compito sta quindi nel mitigarne il più possibile le conseguenze e, laddove non possano essere evitate, compensarle con misure appropriate. La procedura stessa impone la stesura di un rapporto di impatto ambientale. Gli ingegneri civili ed elettrotecnici hanno quindi lavorato a stretto contatto con gli ingegneri ambientali e con gli architetti paesaggisti.

Uno strumento che si è rivelato molto utile e di cui si è tenuta grande considerazione fin dall’inizio è la lista di criteri della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio. Tra i tanti aspetti suggeriti e integrati nel progetto si annoverano: evitare fondamenta in beton per facilitare lo smantellamento, rispettare gli elementi morfologici, evitare l’uso di elicotteri, scelta di un luogo già antropizzato e con infrastrutture esistenti, disposizione uniforme, evitare nuove linee elettriche aeree, evitare che l’impianto impedisca la vista del panorama dal sentiero sulla cresta, coprire poco terreno e mantenere altezze e distanze minime tra i pannelli per permettere il normale sviluppo della vegetazione e il pascolo del bestiame e della selvaggina. Il parco, inoltre, non è visibile dal fondovalle ma solo da centri abitati ad oltre 7 km di distanza.

Oltre a ciò, sono previste le misure per ridurre o compensare l’impatto sulla natura. Siccome non vi sono esempi pregressi di impianti simili il cui impatto può essere quantificato, l’analisi ha prudenzialmente considerato il caso peggiore. Per compensare l’impatto che nel caso peggiore ci potrebbe essere per alcune specie (in particolare uccelli), sono state proposte misure sia sul posto sia in una zona più distante ma con un potenziale ecologico elevato. Infine, è stato previsto un monitoraggio con rilievi ante e post operam per valutare il reale impatto.

Render in prossimità del parco solare

Un ampio sostegno

Il progetto è dunque complesso e tocca tanti ambiti tecnici. È stato quindi importante spiegare l’idea e presentare i dettagli agli attori interessati. Il promotore e il capoprogetto hanno quindi, già in fase di progettazione, tenuto serate informative per la politica e per il Patriziato, hanno incontrato le associazioni ambientali e raccolto i pareri degli uffici cantonali. I risultati sono stati positivi: sia il Patriziato che il Comune hanno acconsentito con una forte maggioranza alla realizzazione e importanti associazioni ambientali o hanno espresso pubblicamente il sostegno al progetto o hanno rinunciato a fare opposizione, dichiarando che la solidità della proposta non lasciava spiragli per ricorsi. Tre privati cittadini e una fondazione hanno presentato ricorso.

In sintesi, i fattori che hanno permesso di superare questi primi importanti ostacoli sono una progettazione attenta fin dall’inizio all’impatto su ambiente e paesaggio, un coinvolgimento delle autorità locali, la scelta di un luogo particolarmente favorevole sotto tanti aspetti e il legame col territorio della squadra che ha promosso il progetto.

La strada tra oggi e quando la prima casa potrà essere alimentata dall’energia solare della valle Duragno è però ancora lunga e impervia. Dalla nascita dell’idea in quella promettente alba di novembre, sono stati fatti grandi passi avanti. Non siamo più nel villaggio immerso nella notte, ma il mattino ha già fatto luce sui contenuti del progetto. Non resta quindi che proseguire, puntando alla cima della montagna, o, se si preferisce, a una Svizzera alimentata da energia pulita.

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